sabato 25 novembre 2006
lunedì 20 novembre 2006
Una Goccia di Rugiada
Tu,goccia di rugiada,
che adagiata
sulla
verde foglia della speranza,
ti allunghi
fino a scivolare
sinuosamente giù,
tuffandoti
nelle
impetuose acque
del
fiume dell’esistenza,
ed
inconsapevole divieni
parte di esso.
Corri... scorri...corri,
nell’illusione della tua goccia,
senza mai fermarti
a prendere coscienza
di quel che
sei e non sei.
Un giorno,
il GIORNO,
Consapevole
terminerai la folle corsa,
dove
arriverai mentre partirai
alla foce
di quel fiume,
ove
io...Oceano d’amore,
starò ad attenderti.
“Disperdendoci l’uno nell’altro”.
venerdì 17 novembre 2006
martedì 14 novembre 2006
Dolce rassegnazione
lunedì 13 novembre 2006
Inutili Ostruzioni
NazioniLingue
Tradizioni
Religioni
Ideologie
Classi sociali
Razze
Uomo,
di quante
vitree parole
ti
servi e servi,
nel
percorrere la cosciente ascesa
ed
incosciente discesa
della
propria ed altrui identità
psicofisica.
Il tuo talento
è
dissipato
nell’attento speculare
dei
propri simboli
e
nell’essere
il
lascivo segugio
della
“forma”.
Tu,
che
scali il declino
della
propria mistificata esistenza
ingozzandoti
di
illusioni,
divenendo obeso
di umane verità
domenica 12 novembre 2006
Un Nemico da non incontrare
Un uomo con fare minaccioso urlava ad un altro: “ ti voglio uccidere! “.
L’ altro, per nulla scosso, restava immobile, come ad aspettare serenamente la Morte annunciata.
Sul viso del primo si poteva osservare il suo ego umiliato in quanto ferito dallo strano e passivo comportamento dell’altro. Il suo viso si trasformava sempre più in cieco odio. Egli inveiva fuori di sé contro l’ altro, che, sempre immobile, stava ad osservare come un padre osserva la vivacità di un figlio.
Nello scorrere di quegli eterni ed enigmatici momenti, nella mente dell’ irato si faceva strada la paura del sospetto: quale forza si celava nel sereno sguardo dell’ altro?
L’uomo irato prese a rallentare il passo fino a fermarsi e poi, balbettando come uno schiavo o un vile, domandò: “ Non hai paura della Morte? “.
L’ altro, con fare sereno, come di chi è consapevole dell’innata regalità di ogni essere vivente, rispose: “ Perché dovrei averne? A quanto pare non ne hai neanche tu. E’ vero?”
L’ uomo minaccioso divenne ancor più confuso e servilmente accennò una belata risposta: “ beh……sssi “.
Il minacciato preso a compassione concluse:
“ Lo sappiamo entrambi che con la tua azione confermerai la tua già morte Vita ed io contrariamente ne beneficerò poiché vivrò nel tuo rimorso”.
L’ altro, per nulla scosso, restava immobile, come ad aspettare serenamente la Morte annunciata.
Sul viso del primo si poteva osservare il suo ego umiliato in quanto ferito dallo strano e passivo comportamento dell’altro. Il suo viso si trasformava sempre più in cieco odio. Egli inveiva fuori di sé contro l’ altro, che, sempre immobile, stava ad osservare come un padre osserva la vivacità di un figlio.
Nello scorrere di quegli eterni ed enigmatici momenti, nella mente dell’ irato si faceva strada la paura del sospetto: quale forza si celava nel sereno sguardo dell’ altro?
L’uomo irato prese a rallentare il passo fino a fermarsi e poi, balbettando come uno schiavo o un vile, domandò: “ Non hai paura della Morte? “.
L’ altro, con fare sereno, come di chi è consapevole dell’innata regalità di ogni essere vivente, rispose: “ Perché dovrei averne? A quanto pare non ne hai neanche tu. E’ vero?”
L’ uomo minaccioso divenne ancor più confuso e servilmente accennò una belata risposta: “ beh……sssi “.
Il minacciato preso a compassione concluse:
“ Lo sappiamo entrambi che con la tua azione confermerai la tua già morte Vita ed io contrariamente ne beneficerò poiché vivrò nel tuo rimorso”.
Il Vecchio e il Giovane
sabato 11 novembre 2006
La Fissa
La Bilancia
![]() |
La bilancia della Giustizia. Ministero della Giustizia, stucco dello scalone( Rappresentazione dei due piatti della bilancia, simbolo della Giustizia, ironicamente sbilanciati.L'immagine, dal chiaro tono mordace, è probabilmente una delle numerose "pasquinate"sul tema "La legge è uguale per tutti". )La bilancia,
umano simbolo
della
umana giustizia,
presuntuosamente
ed
illusoriamente
è
garante
della
presunta uguaglianza umana.
Confesso,
il mio
umano timore
sulla
sospetta imparzialità
di
questo simbolo a due piatti,
in quanto
avrei preferito
la meno
alterabile e sospetta
stadera,
che
per quanto
imprecisa
avrebbe
comunque
assolto il suo compito,
con
la stessa
precisa-imprecisione
verso
tutti.
Garantendo
ad
ognuno
la medesima
ingiusta-giustizia
Il Punto
“Sentirsi un Punto per essere un Punto nella sussistenza della verità, è un arrivo.
Divenire la Realtà di un Punto, nella Vacuità del Tutto, è una partenza.
Aspettando mio figlio
Sereno attendo,mentre guardi dietro i cespugli dei tuoi occhi.
Sereno osservo,
lo stupore della tua confusa mente,
così
attenta e soffocata
dall’altrui giudizio,
a causa
della mai
rinnegata e scomoda
mia fanciullezza.
Sereno assaporo,
il tuo
adulto giudizio,
così impregnato di inutili
vergogne e paure.
Sereno attendo,
la tua ritrovata consapevolezza
e
la tua ritrovata libertà.
Sereni,
e
vestiti della medesima innocenza
giocheremo
tra i
colori dell’arcobaleno dell’Esistenza.
La Ribelle Fior di Brughiera
Spavaldi
dal promontorio
del vostro
Ego
non osservate
il suo fiume.
Ingrati
al
Ribelle flutto,
stentate ad assaporare
l’ impetuosa compassione,
che al suo passare
travolge
le illusorie certezze,
celebrando
le mai vostre gocce
e
sempre il suo fiume.
dal promontorio
del vostro
Ego
non osservate
il suo fiume.
Ingrati
al
Ribelle flutto,
stentate ad assaporare
l’ impetuosa compassione,
che al suo passare
travolge
le illusorie certezze,
celebrando
le mai vostre gocce
e
sempre il suo fiume.
Il Paesaggio
Passeggiando nella valle vedevo le cime dei suoi monti, che immobili osservavano.
Arrivai sulle vette dei monti, vedevo la loro valle, che immobile osservava.
Dinanzi a quello che doveva essere il naturale cammino, il fardello del mio peso mi umiliava sempre più.
Oramai logoro e privo di energia per la forzata sopravvivenza, abbandonai ogni forma di resistenza, ritrovandomi dinanzi all’apparenza di quello che realmente restava di me: finalmente ero e non ero.
Immerso nella pienezza del silenzio, il cuore distese i suoi petali al Sole.
Abbracciandomi mi cullava nell’oblio delle sue accecanti e caldi braccia, facendo dilatare la sofferente nebbia dei miei desideri e sciogliere le geometriche figure di gelida brina dei miei pensieri.
Abbandonato nel qui ed ora del tutto, proseguii l’arrendevole cammino con il paesaggio, e nel silenzio ci osservammo e ci contenemmo. Oramai totalmente arreso, iniziai amorevolmente a dissolvermi in esso.
Quella dolce esperienza diretta mi fece esplodere la consapevolezza di essere una piccola ed importante parte dell’universale ed assoluta esistenza.
Sentii da quel momento il solenne diritto e dovere di vivere.
Volontà che fin troppo avevo umiliato e non celebrato, poiché la realtà di un granello di sabbia è spesso sorretta dall’illusione della vastità del proprio deserto, che non lo fa guardare oltre il miraggio.
Da allora il mio cuore si aprì ed iniziò ad osservare i miei passi, ad ascoltare il mio respiro, divenendo sempre più il paesaggio dove l’uomo, i monti e la valle, nel qui ed ora, sono una sola cosa.
Arrivai sulle vette dei monti, vedevo la loro valle, che immobile osservava.
Dinanzi a quello che doveva essere il naturale cammino, il fardello del mio peso mi umiliava sempre più.
Oramai logoro e privo di energia per la forzata sopravvivenza, abbandonai ogni forma di resistenza, ritrovandomi dinanzi all’apparenza di quello che realmente restava di me: finalmente ero e non ero.
Immerso nella pienezza del silenzio, il cuore distese i suoi petali al Sole.
Abbracciandomi mi cullava nell’oblio delle sue accecanti e caldi braccia, facendo dilatare la sofferente nebbia dei miei desideri e sciogliere le geometriche figure di gelida brina dei miei pensieri.
Abbandonato nel qui ed ora del tutto, proseguii l’arrendevole cammino con il paesaggio, e nel silenzio ci osservammo e ci contenemmo. Oramai totalmente arreso, iniziai amorevolmente a dissolvermi in esso.
Quella dolce esperienza diretta mi fece esplodere la consapevolezza di essere una piccola ed importante parte dell’universale ed assoluta esistenza.
Sentii da quel momento il solenne diritto e dovere di vivere.
Volontà che fin troppo avevo umiliato e non celebrato, poiché la realtà di un granello di sabbia è spesso sorretta dall’illusione della vastità del proprio deserto, che non lo fa guardare oltre il miraggio.
Da allora il mio cuore si aprì ed iniziò ad osservare i miei passi, ad ascoltare il mio respiro, divenendo sempre più il paesaggio dove l’uomo, i monti e la valle, nel qui ed ora, sono una sola cosa.
Tuaregh
Io Tuareghdelle mie
fuggevoli esistenze.
Vestito
di
soli panni,
tessuti
dalla
ruvida volontà d’intendimento,
inumidisco
le arse labbra
nell’oasi
dell’Ascolto e dell’Osservazione.
Acquieto
la
forte sete
della
Conoscenza,
che
del mio
peregrinar
è
il
reale sprono.
Io
Tuaregh
delle mie
fuggevoli esperienze.
Rifuggo
tra le
ombre dei palmeti.
Osservo,
esausto,
il
rigenerare
della mia mente,
che
lentamente sfuma
dal
proprio
vincolo carnale,
scindendosi
libera
dalle
regole terrene.
Innumerevoli frammenti
di
puro pensiero,
come
raggi di Sole,
dipartono
e
librano
sempre più
dal loro
luminescente nucleo,
alla ricerca
di
spazi e tempi,
ancora
ignoti.
Io
Tuaregh
delle mie
fuggevoli esistenze.
Provo,
ancor
adolescenti emozioni,
innanzi
a
senili esperienze
ma vengo
ancor
illuso
dall’allettante miraggio
di una
fresca conquista
della
soggettiva realtà.
Io
Tuaregh
delle mie
fuggevoli esperienze,
che
all’amaro destare
mi brucia
la consapevolezza
della mia
natura umana,
poiché
dalle
piaghe della pelle
n’esco sconfitto,
ma
anche più saggio.
Osservo
il
reale valore
della
mia conquista,
ch’è
un’altra
momentanea ed ultima
illusione,
dal sapore di dattero.
Io
Tuaregh
delle mie
fuggevoli esperienze.
Fedele compagno
della
propria solitudine,
attraverso
il
duro e caotico
deserto,
affidando
il
sereno e nomade
passo,
alla
saggezza
della
Buona Stella.
Unica e certa
Amica,
dell’errante,
che
nella guida
della
sua luce,
ha
trovato e troverà
sempre
il rassicurante
faro
del
suo arrivare
e
lo stimolante
impulso
del
suo ripartire.
La Foglia
Legata,
ad
un sospiro,
stenta
a
separarsi,
dai
terreni legami.
Arrendevolmente,
si
lascia accarezzare
dall’aria
e
con
tenera vitalità,
volteggia
in una
eterea
danza d’amore.
Danzando
da
un sospiro
all’altro,
si
ricongiunge
alla
Grande Madre
per
divenire parte
di
Essa
e
tornare ancora
a
sospirare
ad
un sospiro,
stenta
a
separarsi,
dai
terreni legami.
Arrendevolmente,
si
lascia accarezzare
dall’aria
e
con
tenera vitalità,
volteggia
in una
eterea
danza d’amore.
Danzando
da
un sospiro
all’altro,
si
ricongiunge
alla
Grande Madre
per
divenire parte
di
Essa
e
tornare ancora
a
sospirare
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