lunedì 16 aprile 2007

Nella quiete Acqua di uno Stagno

Nella quiete acqua di uno stagno,
miravo
l’argentea madre,
e tra il suo dolce crespore scorgevo il mio viso.
……
Quanti sogni in quei pochi istanti.
……
Quanti ricordi,
……
Quante speranze
……
Quando
un crudele salto
di
un innocente girino,
cancellò
l’irreale felicità,
che
smembrata in tante piccole illusioni,
andavano
ad allontanarsi e a sperdersi
sempre piùnella quiete acqua delle realtà

Tempo di Cicale


E’ sera,
bambini sorridenti ritornano alle loro case.
Salde, sotto le salde braccia, scatole di scarpe forate,
dove escono note di vita.

Il Sapere dei Vivi


I morti
hanno paura
della
Morte.

I vivi
sanno
di
“divenire eterni”.

Autocritica


Nel
cinema
della
mia mente
ho visto
il
film
della
mia vita.

Ho visto
immagini sfocate
e
spesso inutili,
poche
da
premio Oscar.


Prego Signori,
tutti in sala,
la
rappresentazione
ha inizio.

Una Goccia di Rugiada

Tu,
goccia di rugiada,
adagiata sulla verde foglia della speranza,
ti allunghifino a scivolaresinuosamente giù,
tuffandoti nelle impetuose acque delfiume dell’esistenza,
inconsapevole divieniparte di esso.
Corri... scorri...corri,
nell’illusione della tua goccia,
senza mai fermartia prendere coscienzadi quel chesei e non sei.
Un giorno,

il GIORNO,

consapevole terminerai la folle corsa,
dove arriverai mentre partirai,
alla foce di quel fiume,
ove
io...Oceano d’amore,
starò ad attenderti.
“Disperdendoci l’uno nell’altro”.

domenica 15 aprile 2007

Degustatio Orale


Osservo,
il
tuo corpo
ricurvo
sul mio.
Penso,
all’ingorda belva
ch’è
in
noi.

Osservo
la tua
amorevole lingua,
che
con
libidinosa ossessione
accarezza
il mio
glande,
e
subito dopo
libra attorno
al mio
scettro,
esibendosi
in una
iniziatica e frenetica
danza
di
animale richiamo,
come a voler
esortare
gli arcani
possessi sensi
del
Possesso.

Penso,
al
serpente
della
lussuria
che
sibila
in noi.
Osservo,
dall’ interrotta indifferenza,
della mia
esperienza,
il mio
turgido risveglio.
Penso,
alle nostre
rinnovate primavere
senza
età.

Osservo,
con
orgoglio
la mia
tesa fierezza.
Penso,
al mio
divenire uomo
e
al tuo
divenire donna.

Ascolto,
l’avido sciacquio
della tua
bocca predatrice.
Penso
ai nostri
gonfi suoni
di
sesso.
Annuso,
l’oppio
dei tuoi
istinti
non
repressi,
percepisco
i
chiusi e forti
odori
delle
nostre carni.

Osservo,
la mia
libera bramosia
del
dare e avere,
che
mi
rende cieco
dinanzi
la
fine
del mio
abisso.
Improvvisamente,
l’incontenibile desiderio
di
versare,
su ed in
Lei,
una parte
di me,
rompe
gli
argini
della mia
volontà.

Arrendevolmente,
intravedo
tra
l’intensa nebbia
del piacere,
il suo
compiaciuto deglutire
e
il suo
realizzato sguardo,
mentre
la
burrea lingua
stenta
a
rimuovere
l’ultima goccia
di
felicità.

Odo il Canto dei Pini

Odo il canto dei pini,

sereno
abbandono l’antico rifugio della mente,
e fanciullo
corro felice tra i giochi della non-mente.

Odo il canto dei pini,

libero dalle catene dei pensieri,
osservo
senza rimpianti,
il disperdersi dell’essere nel non-essere.

Odo il canto dei pini,

il silenzio m’avvolge affidandomi al tutto,
consapevole del sofferto risveglio vibro di estatica energia.

Odo il canto dei pini,

vivo
l’esperienza del divenire,
che
come neve si adagia sopra il ramo della consapevolezza,
e
forte della passività del non-essere,
si china umile verso le radici della compassione.